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venerdì 13 giugno 2014

Sì, la vita è tutta un Film...

Che la mia vita sia condizionata dal mondo del cinema si può intuire con facilità dal numero di situazioni nelle quali mi ci sento dentro, a una pellicola che ho apprezzato particolarmente.
•  se vedo un jeans attillato indossato da una ragazza rotondetta, il pensiero va allo zoccolo di cammello (The Weather Man)  
•  se in treno il panorama è meraviglioso, non mi faccio condizionare dalla polvere sul vetro o dalla scritta “do not throw objects from the window” (Santa Maradona)
•  se in strada mi vengono incontro persone sorridenti a intervalli regolari, nessuno mi toglie dalla testa che siano comparse mandate sul set (The Truman Show)
•  se nel giro di mezz’ora vedo un paio di volte un ragazzo roscio, una ragazza e un cane, temo di essere psicopatico (A Beautiful Mind)
•  se vedo una tana di formiche la brucio con l’accendino, “me sta sulle palle” (Al Lupo, al Lupo);
•  se vedo tre amici con un’identica felpa rossa, il richiamo a Ben Stiller e figli è automatico (Tenenbaum)
•  quando ho la febbre a 37, penso a cosa direbbe Leonardo di fronte a quel termometro (Non ci resta che piangere);
•  se in un Ufficio Pubblico mi viene chiesto di compilare un modulo, non posso non cominciare con “Io sottoscritto, nome cognome, indirizzo, eccetera…” (A Ovest di Paperino)
•  se la donna con la quale sono a letto mi sussurra “Se facciamo l’amore, domani starò di merda” mi viene da rispondere “A me sta bene” (Hotel Chevallier)
•  se segno sulla rubrica “Foro Italico” mi viene da aggiungere “Italico Foro” (Un sacco bello)
•  quando sento dire “Ti stimo molto” visualizzo la faccia di Giorgio Pasotti (Volevo solo dormirle addosso)
•  se un autoarticolato mi fa due volte i fari e mi dà di clacson, ahia…(Duel)
•  quando faccio una smorzata, una vocina dentro mi chiede “Ma chi sei, Panatta?” (Che ne sarà di noi)
•  quello con la fascia rossa in testa, quand’è che mi guarda e mi chiede “Un colpo solo?” (Il cacciatore)
•  alla libreria“Rizzoli” di New York, sulla 57esima, ci si va solo per incontrare Meryl Streep (Innamorarsi)
•  quando mi chiedono, e succede spesso, “Perché fai così?” rispondo sempre “Fammici pensare” (Il treno per il Darjeeling)
•  quando ho scoperto di essere stato tradito, ho detto le stesse gentili parole rivolte da Clive Owen a Julia Roberts (Closer)
•  e quante volte ho sperato di poter cancellare una donna dalla mia memoria… (Eternal Sunshine…)
•  se mi chiedono che lavoro faccio, la tentazione di rispondere “elaboro progetti e strategie di comunicazione atti alla diffusione di notizie inerenti la dimensione socio-politica della pallacanestro italiana con esplicito riferimento al movimento donne” quando la risposta corretta sarebbe “metto i tabellini della Nazionale Femminile” (Tre uomini e una gamba)
•  le rare volte in cui vinco una partita alla PS4, ora mi è naturale guardare il mio avversario e pensare “Voleva vince lui, mavvaffanculo va” (Cado dalle Nubi)
•  dalla roulette di zingari parcheggiata a Viale Marconi, prima o poi esce Brad Pitt (Snatch)
•  l’ho detta, ok, un paio di volte la frase “non si va in giro a essere meravigliose se non si è disponibili” (Forget Paris)
•  quando sento l’inno americano, la testa va per forza di cose a Enrico Pallazzo (Una Pallottola spuntata)
•  all’estero, una zuppa è sempre un po’ speziata (Marrakech Express)
•  se la bottiglia è lontana dalla mia portata, prima di chiedere a qualcuno di passarmela, provo tra me e me… “Vieni qua, a te che te costa? (Ricomincio da tre)
•  se mentre mi parli leggi il menu che è scritto dietro di me, tu sei Kaiser Soze (I Soliti Sospetti)
•  quando alla fine di una riunione, importante, qualcuno chiede se ci sono domande, non lo posso fare ma la tentazione di alzare la mano per dire “Ma le famose armi di distruzioni di massa di Saddam Hussein, che fine hanno fatto?” ce l’ho. Sempre. (Andata+Ritorno)
•  lamentarsi la sera al letto, da soli, fa molto Harry (Harry ti presento Sally)
•  se incrocio un nano, mi sento in Belgio (In Bruges)
•  in un silenzio imbarazzato, tra amici, “E se io mi suicidassi” ci sta sempre bene (Ecce Bombo)
•  la terza volta che non mi funziona la carta di credito, controllo che non mi abbiano infilato un microfilm nella busta della Coop (Nemico Pubblico)
•  al ristorante, al quarto giro di tavolo di tre bambini indemoniati, come fai a non pensare di dire ai loro genitori, peraltro noncuranti, “ma du' schiaffi no, eh? (Manuale d’Amore)
•  quando la mattina suona per tre giorni di fila la stessa sveglia, è il giorno della Marmotta (Ricomincio da capo)
•  al sesto piano di scale, col fiatone, mi sento molto Robert Redford (A piedi nudi nel parco)
•  decido di fare una cosa ma poi momento cambio idea e faccio l’esatto contrario, che cos’è se non una Kansas City Shuffle? (Slevin–Patto Criminale)
•  McDrive, cassiere sorridente sulla quarantina. Massimo rispetto per la tua conversione, Kevin Spacey (American Beauty)


Penso di aver dato l’idea, pure troppo, di quanto sia impicciato col cinema: ora, visto che ho sbagliato quasi tutto in questi primi 46 anni, avete mica notizie di Marty McFly?

martedì 10 giugno 2014

Questa vita non è un Albergo...

Sarebbe tutto molto più semplice, come no, se funzionasse tutto come in un albergo. Se la vita fosse scandita da check-in e check-out continui rispetto alle situazioni quotidiane, se il prezzo da pagare fosse sempre decisamente più basso di quello che troviamo attaccato dietro la porta quando arriviamo.

Sarebbe tutto molto più comodo se bastasse mettere una targhetta “no disturb” per evitare scocciature, anche da chi vuole renderti un servizio, consigliarti, magari rifarti la stanza. Se fosse sufficiente togliere la chiave dalla parete per disattivarmi, spegnermi, azzerare ogni forma di energia e di luce intorno a me. Se, come per gli asciugamani lasciati a terra perché vengano lavati, fosse possibile eseguire un gesto meccanico per far capire a chi ci sta intorno che abbiamo bisogno di attenzioni, cure, pulizia intellettuale. Se fosse possibile consumare caffè, emozioni e paure senza pagare all’istante ma dando un numero di stanza e rimandando tutto a quando ce ne dovremo andare, ma chissenefrega quando. Mi prendo tutto quello che voglio e non ci penso, ora.

Sarebbe tutto molto più comodo se un ambiente per rilassarci e uno per sfinirci di fatica fossero a portata di bottone da premere in ascensore, se come in una hall affollata ci si salutasse tutti con un sorriso ma poi non fosse obbligatorio conoscersi per non rischiare di passare per quello che si fa i cazzi suoi. Se tutto lo sporco che ci portiamo dentro fosse sufficiente infilarlo in una busta di plastica bianca per ritrovarci il giorno dopo profumati e stirati. Se la temperatura del nostro cuore fosse regolabile con un interruttore a prova di bimbo, per scongiurare il rischio di infiammazioni, congelamenti, black-out.

Se gli extra fossero talvolta inclusi, se la personalità potesse essere doppia ma uso singola, se si potesse guardare tutto quello che si vuole (persone, tramonti, bugie, storie del cazzo, amori sfumati) potendo avvalersi dell’anonimato.

Se avessi la certezza che anche nei momenti più complicati potrei trovare, nella reception, 24h, qualcuno pronto ad aprirmi una porta, a farmi un sorriso e magari anche un caffè macchiato freddo.

Sarebbe tutto molto più semplice, come no, se funzionasse tutto come in un albergo.
Ma ora, siate buoni, datemi una stanza vista amare che di muri grigi e last minute non ne posso veramente più…