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mercoledì 18 gennaio 2012

Vita di palestra, altro che Palestra di Vita...

Ci sto provando, per la quarta o quinta volta in vita mia, giuro che ci sto provando un’altra volta. Da qualche mese mi sono iscritto nuovamente a una palestra o meglio, per attutire il trauma, invece di versare una retta mensile ho scelto di pagare “a entrata”.

Significa che ogni volta che varco l’ingresso “lasciando ogni speranza”, la mia chiavetta si alleggerisce di otto euro, più o meno quelli che vorrei mi fossero devoluti in cambio del mio sacrificio. Il fatto è che a me piace tanto correre e per correre d’inverno a Faenza bisogna avere tanto coraggio. Troppo, nel caso di uno che ha freddo solo a sentirne parlare. Così, vado in palestra, ogni tanto, per bruciare calorie e ritrovare una parte di me stesso attraverso una forma improvvisata di meditazione. E sì perché io in palestra, che sia Roma, Bologna, Milano o Faenza, non parlo. La modalità Silenziosa inizialmente non è stata una scelta e anzi ricordo che soprattutto nella palestra di Casalecchio avevo provato a stabilire uno straccio di rapporto umano con gli altri avventori.

Fu un rientro anticipato nello spogliatoio a segnarmi, temo per il resto dei miei giorni: “Quando esco con una la prima sera metto subito le cose in chiaro: ingoio e culo, sennò non se ne fa niente”, disse lui con marcata calata bolognese. Il tipo mi guardò in cerca di conferme, che io non potei dargli. In realtà io la prima sera mi ritenevo soddisfatto quando capivo che ce ne sarebbe stata una seconda. L’altro tipo, nella stessa sessione di improvvisato brainstorming nella quale mi ero cacciato avviando un discorso sul basket, provò a vendermi una quindicina di chili di proteine contenute in un fustino da detersivo: in quel momento ho realizzato che la mia insofferenza alla palestra si sarebbe acuita e non smorzata, se avessi provato a socializzare. Non mi sento né migliore, né peggiore di chi decide di trascorrere un paio d’ore al giorno in una palestra, davvero. Mi sento solo diverso, consapevole fino in fondo però di essere “mosca bianca”.

In genere gli 8 euro li spendo correndo sui tapis-roulant e pedalando in cyclette di ultima generazione, di quelle che in tempo reale ti informano rispetto alle calorie consumate, i metri percorsi, la velocità media, il tempo rimanente, la temperatura dell’olio e la pressione delle gomme. Troppe informazioni, tutte insieme, per la testa di uno che sta provando a sopravvivere. Il tempo, però, non passa mai. Mai. Neanche se mentre corro penso alle cose più assurde (solo nell’ultima settimana, tecnica di estrazione della radice quadrata di un numero, filmografia completa di Valerio Mastandrea, numero e nome delle donne baciate nei precedenti 44 anni), neanche se mi concentro ad osservare movenze felpate e sguardi ammiccanti delle ragazze/donne presenti (“le donne in palestra, guardarle fisse”). Di mattina l’età media è intorno ai 76-77 e in quell’atmosfera morbida da ginnastica dolce mi trovo più a mio agio rispetto al mix tra un rave e una sfilata di moda che mi circonda a partire dalle 18.00. Ai pesi mi avvicino con sospetto ma devo riconoscere, per onestà intellettuale, che i benefici sono evidenti sui corpi scolpiti di chi si abbandona per quarti d’ora interi a quelle macchine infernali.

Io invece me ne sto lì, per conto mio, nel silenzio tipico del pesce fuor d’acqua che sa di essere osservato. Vuoi per l’abbigliamento improbabile anche solo per l’accostamento cromatico, vuoi per i 44 anni che mi spingono leggermente fuori target, vuoi per l’abbigliamento “Italia Basketball” che non rende giustizia alle mie attuali condizioni fisiche, vuoi perché è raro vedere uno che entra, pedala, corre, non caga nessuno e se ne va. Otto euro mi costa tutto questo e quando esco dalla palestra, ritrovato il sorriso del reduce del Vietnam che sa di aver fatto fino in fondo il proprio dovere, non capisco mai quale sia stata la fatica più grande: se quella di perdere peso o quella di rimanere non contagiato da un pianeta (proteine limitrofe al doping, splendidi perizomi da uomo, barrette energetiche, diete a zona, beveroni improbabili, specchi consumati, ecc.) che per quanto mi riguarda temo rimarrà inesplorato.

Senza rancore, eh…

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