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sabato 10 dicembre 2011

Viale Marconi, "City Island" al contrario!

Pur essendo nato (mio malgrado) a Terni, per quasi 40 anni ho vissuto in via Colossi, Roma. Quando penso a casa mia, insomma, anche se la provincia di nascita è TR e quella di residenza BO penso a Colossi Street 20, ovvero a un palazzo del Vaticano biancorosso tanto maestoso quanto orripilante che affaccia sulla Basilica di San Paolo. E sì perché via Colossi, trascurabile viuzza a senso unico che fa da collante tra Viale Marconi e Via Ostiense, va inquadrata proprio nel quartiere San Paolo di cui sopra.

San Paolo è uno di quei posti di frontiera che ti concedono un margine piuttosto ampio di creatività, quando qualcuno ti domanda “Ah, San Paolo… sì, ma dove rimane di preciso?”. Devo confessare di aver sempre risposto “Roma Sud, vicino all’Eur, un passo da Testaccio” mentre in realtà la dura verità è che confiniamo con la Magliana della famigerata Banda da una parte e con la Garbatella dei Cesaroni dall’altra. Un po’ come Aldo, Giovanni e Giacomo quando parlano di “progettare strumenti di precisione, basculanti, roteanti“ mentre sono impiegati al “Paradiso della Brugola”.

San Paolo è un quartiere modesto ma complessivamente più vivibile di molti altri di questa assurda città: il fiore all’occhiello è l’imponente Basilica bizantina, meta fissa dei giri turistici stranieri ma complessivamente sottovalutata da romani e italiani rispetto alla sua maestosa bellezza. All’interno ci sono i ritratti di tutti i Papi a partire da San Pietro, la leggenda narra che la fine del mondo arriverà proprio il giorno che non ci saranno più cornici disponibili: ipotesi tutto sommato poco piacevole ma che sentivo di scongiurare quando ero bambino visto che gli slot disponibili erano 13. Ricordo che i 33 giorni di pontificato di Papa Luciani mi avevano un po’ irritato, a tal proposito, ma poi ci ha pensato Karol a ristabilire le cose...

Alla Basilica di San Paolo una volta all’anno viene in visita il Pontefice: ricordo ancora con lucidità mista a sconcerto il commento di Vittorio all’uscita della Messa di Mezzanotte di due anni fa, dopo circa 125 minuti di cerimonia (tempo effettivo, Offertorio escluso) tutta celebrata e cantata in latino: “Poi dice che uno diventa musulmano e se va a fa esplode al Gianicolo…”.

San Paolo da qualche anno, approfittando anche della mia assenza, sta cambiando pelle: licei e scuole medie hanno lasciato spazio al terzo polo universitario e di conseguenza copisterie, pizzerie, kebabbari e pub hanno preso il posto di fornai, vini e oli, profumerie e calzolai. Non una brutta evoluzione, tutto sommato, ma se venite dalle mie parti e volete fare shopping vi resta una sola opportunità credibile: VIALE MARCONI! Viale Marconi per noi di San Paolo è una sorta di “City Island” al contrario (“ogni città ha bisogno di un’isola di pace”, lo dice Andy Garcia all’inizio del film).


Viale Marconi esemplifica al meglio il concetto di caos: la fila delle macchine in coda è eterna, l’unica regola amministrata dai vigili quanto ai parcheggi è “basta che ce passi”, la doppia fila sistematica, il suono assordante di clacson e sirene una tradizione popolare che si riverbera giorno dopo giorno come per magia. Non a caso, sul ponte del traghetto che nel 2003 stava portando me, Bebbo e Vittorio all’interno del Circolo Polare Artico, totalmente persi e immersi in una natura dalla bellezza commovente, “Viale Marconi” fu il primo riferimento (tra un respiro profondo e l’altro) delle negatività che intendevamo espellere attraverso quell’improvvisata tipologia di meditazione. Per la cronaca, le altre forme di stress da allontanare dalle nostre esistenze erano state individuate ne “la Lazio”, “Capezzone” e “I Pooh”.

In ogni caso, non c’è un cazzo da fare, se vuoi andare per negozi ti devi abbandonare a Viale Marconi e per arrivarci da San Paolo non puoi esimerti dal passare sopra Ponte Marconi: argini appena accennati, sotto a quel Ponte negli anni ho visto alternarsi diverse colonie di nomadi (…oddio, nomadi fino a quando piazzavano le roulotte sotto casa nostra), inspiegabili cavalli allo stato brado, orde di cani randagi, barboni consapevoli se non orgogliosi di essere andati a vivere sotto un ponte. Gli unici a non essersi mai mossi sono stati i topi, vera memoria storica del Tevere, sempre più impressionanti per numero, dimensioni e prodotto interno lordo. Superati un paio di benzinai e due concessionari messi lì solo per riscaldare l’atmosfera, la giostra dei negozi di abbigliamento è destinata a dominare il campo.

Viale Marconi non tradisce, va detto: non tornerai a casa col tailleur per cui hai perso gli occhi a via Montenapoleone ma neanche con la tuta acetata 100% poliestere ignifugo “made in Botswana”. Ci sono un paio di Roma Store che non fanno mai male, una decina di pizzerie al taglio (vero simbolo della superiorità culturale del Sud Italia sul Nord, dove le pizzerie latitano, sono chiamate “da asporto” e vendono la pizza al pezzo, non a quantità. Vergogna!), 3-4 negozi di elettronica e quando arrivi in fondo a Piazzale della Radio che introduce a Trastevere/Monteverde, è la gelateria Ping Pong (ribattezzata Tennis Tavolo da uno dei miei amici più attenti all’uso corretto della lingua italiana) a segnare l’inversione di marcia.

La lunghezza di Viale Marconi è variabile, in teoria il Ponte e “Tennis Tavolo” non sono distanti più di un chilometro ma dipende tutto da quanta fretta avete e soprattutto dal tempo che siete intenzionati a buttare. Le costanti, invece, sono due: 1. a Viale Marconi certamente sei condannato a incontrare almeno un ex compagno di liceo, uno di quelli che non vedi da 25 anni e con cui non avevi nulla da dire neanche quando lo vedevi tutti i giorni in classe. L’imbarazzo regna sovrano, in quel caso, a meno che la reciproca (finta), tacita distrazione seguita all'incrocio di sguardi non abbia evitato il peggio.


2. A viale Marconi, se cerchi qualcosa, lo trovi e lo compri. Lo shopping è tendenzialmente nazional-popolare per non dire a forte connotazione coatta e per questo gli indigeni qualche anno fa hanno preso come un mezzo affronto l’apertura di un maxi Feltrinelli proprio nel cuore di Viale Marconi, tra una jeanseria “Tutto a 7.90” e il Mago della Pizza. Dopo qualche giorno di diffidenza davanti alle vetrine, però, la cultura ha trionfato e ora, incredibile ma vero, ti può capitare di varcare il Ponte anche con un libro in mano. E se piace anche ai topi, che spesso lì fanno dogana, hai persino la possibilità di portartelo a casa. Mistero della fede…

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