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lunedì 5 dicembre 2011

Disarmateli, 'sti scivoli...

Quando vi dico che sono nato vecchio e che morirò neonato, fidatevi.

Da piccolo avevo mille paure, a 5 anni chiedevo a papà se avesse preso le chiavi di casa e soprattutto se fosse in grado di ritrovare la strada per tornarci. Mia mamma, santa donna, mi mandava in giro vestito in maniera improbabile, una volta da tirolese e un’altra da ragazzo della via Pal/Ntsc: fondamentalmente ero un “soggetto”, un bambino un po’ troppo coccolato e con qualche paura di troppo. Una di queste riguardava il volo, tanto che quando tutta la mia famiglia si prenotò per il “battesimo dell’aria” (in pratica, un volo di un’ora sopra Roma nel quale tra l’altro il pilota sfogò tutta la sua frustrazione con una serie di evoluzioni acrobatiche) io me ne restai a casa accudito da mia nonna. Anzi no, le mie nonne andarono tutte e due.

Ora ho 41 anni, non sono ancora diventato il Marylin Manson italiano ma certo mi sento un po’ più disinvolto nelle mie cose: l’abbigliamento è desolatamente casual e questa cosa manda fuori di testa i miei, che darebbero un braccio ciascuno per un figlio da giacca e camicia e invece se ne ritrovano uno in casa da scarpe gialle e jeans degli Harlem Globetrotters.

Ho meno paure, ora, vivo le mie cose con più serenità e anche il terrore di volare è alle spalle: solo questa estate ho preso 28 aerei, due la settimana scorsa, e ogni volta resto affascinato da alcune dinamiche. Le attese davanti all’imbarco che una volta ti sembrano infinite e la volta dopo passano in un amen, l’applauso per l’atterraggio, i fischi per il decollo, la richiesta di bis per le virate, “Armate gli scivoli”, la consistenza delle nuvole che non sempre genera turbolenze, le facce annoiate delle hostess che sbadigliano mentre ti spiegano che in caso di ammaraggio devi essere tu ad aprire la porta di sicurezza (se, vabbe...), l’impossibilità di capire cosa cazzo dica il pilota mentre si è in volo, il solito assurdo tentativo di capire quale parte di mondo stiamo sorvolando ("ma quello che, è il Lago di Garda? No, il Mar Nero…") .

Un po’ di sana tensione c’è sempre ma non vivo il volo con terrore: certo è che se poi mi si mette vicino una signora settantenne di Siviglia che il decollo lo passa tutto inneggiando a Santiago di Compostela e alla (terribile) turbolenza prima dell’atterraggio mi sequestra la mano e inizia a piangere, un po’ di ansia mi prende.

Venerdì scorso sono tornato da Palermo (viaggio di lavoro oggetto del prossimo post), sfidando il nefasto Punta Raisi ora ribattezzato “Falcone e Borsellino”, e mi è capitata la cosa più divertente in assoluto: il tipo vicino a me si è fatto incellophanare il bagaglio prima del check-in, peccato che fosse quello a mano. Quando si dice voler stare tranquilli...

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