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lunedì 5 dicembre 2011

"Mi aiuto così, scrivendo cazzate"

Otto anni fa Stefano Corridoni, mio amico e collega all'ICSC, perdeva la vita con la sua moto sulla Roma-Ostia. Tornai a casa sotto choc, dopo aver saputo la tremenda notizia. Scrissi una cosa per aiutare me, non altri. L'ho riletta ieri e mi sono emozionato. E' per Stefano...

Roma, 26 aprile 2000 (un giorno senza senso).

Certo che ora, Gianca, ti sarà ancora più difficile capirlo, sarà quasi impossibile dare una risposta all'interrogativo che ti sei posto in tutti questi anni: Stefano viveva dieci anni avanti o dieci anni indietro rispetto a se stesso? La domanda era ricorrente e sempre senza risposta perché Stefano sfuggiva ad ogni mio tentativo di interpretazione della sua psiche: Stefano era l'unico amante della notte che dormiva con la musica accesa per avere compagnia, l'unico donnaiolo solitario, l'unico comunista anticomunista, l'unico sportivo per definizione indolente e pigro, l'unico figlio di McDonalds e della Coca-Cola che criticava selvaggiamente la cultura yankee, l'unico avanguardista musicale che rimpiangeva gli irripetibili anni '70, l'unico figlio dei fiori che parlava da pensionato, l'unico discepolo di Bill Gates ad anelare quotidianamente una sperduta e disintossicante tenuta di agriturismo in Toscana, l'unico intellettuale che non leggeva libri, l'unico a sapere sempre tutto, ad aver visto già tutto prima di tutti e meglio di tutti.
La sindrome di Corridoni era ben nota ai suoi amici: era un gioco da ragazzi fargli prendere una posizione scomoda e contraddittoria, bastava affermare con decisione e senza tema di smentita una tesi e lui, nel breve volgere di qualche minuto, avrebbe argomentato alla perfezione la tesi uguale e contraria. Nonostante fossimo affini per mille e più motivi, io e Stefano non siamo mai stati amici per la pelle, di quelle amicizie che ti senti e ti vedi tutti i giorni, o meglio... mi correggo lo siamo stati, siamo stati i due amici più inseparabili che siano mai esistiti sulla Terra ma solo nelle intenzioni: "Ciao Giancà, sabato ti chiamo e andiamo a bere qualcosa insieme", "Stefano, dopo passo a casa tua e magari mi fermo a dormire", "Gianca, vengo con te a New York", "Ste', vuoi venire con me a Panama?"... io e Stefano abbiamo organizzato vacanze, girato il mondo, attraversato l'oceano, dormito in tenda, trascorso memorabili notti insonni a raccontarci di tutto... abbiamo fatto tutto questo ed anche di più ma sempre e solo nelle nostre teste anche se la confidenza che avevamo raggiunto avrebbe fatto pensare il contrario.
Eppure mai, nessuno dei due, consapevole dei propri incorreggibili limiti di affidabilità, rimproverava niente all'altro: era parte del gioco darsi appuntamenti, progettare cose stupende insieme e poi trovare il modo più elegante di disimpegnarsi all'ultimo momento, eravamo due fuoriclasse in materia ed ora, brutto stronzo, mi hai lasciato da solo in questa valle di affidabili, puntuali e tutti d'un pezzo. Le nostre vite erano dilatate e per prendere le decisioni importanti ci sarebbe sempre stato tempo: la tromba, il modem, i dischi da masterizzare, io che ti dovevo insegnare a giocare a tennis, per tutto ci sarebbe stato tempo, nessuno ci correva dietro e se ci fosse corso dietro qualcuno peggio per loro, ci saremmo fatti superare con il sorriso sulle labbra.
Eravamo passati dall'essere le uniche due menti creative ed originali dell'Istituto ad impersonare i due vecchietti del Muppet Show, acidi ma sempre pronti a ricevere una dose garantita di altrui compatimento: forse la vita ci stava passando a fianco un po' troppo velocemente e tra rimpianti di adolescenza e speranze da padre di famiglia, non riuscivamo a trovare una qualsiasi posizione che ci sembrasse corretta... anche in questo caso mi lascerai solo e senza punti di riferimento, dovrò fare tutto da solo!

Per te, come per me, era sempre valido il motto "Lo sai come è fatto Stefano, no?"... Ultimamente eri scazzato in tutto quello che facevi e dicevi ma continuavi a sfuggirmi lo stesso tra acquisti di immobili e professioni di povertà, tra lavori faticosissimi e volontà di "non fare un cazzo dalla mattina alla sera": c'era solo un argomento sul quale ti dimostravi volutamente impreparato e vulnerabile così come lo ero io, la morte... ora anche su quella potrai atteggiarti a quello che ne sa più di tutti!

A noi resta un silenzio così irreale e così bastardo, un silenzio che comunque fa meno male delle parole, un silenzio che vorremmo riempire ma nel quale sappiamo di dover necessariamente passare attraverso, istante per istante, prima di poter ritrovare un millimetro quadrato di sorriso sui nostri volti…. Ora ti saluto perché sto diventando illeggibile e piagnucoloso: ciao Ste', non raccontare troppe cazzate che lassù sono meglio informati di quanto fossimo noi: a me rimane solo da pensare una cosa... prima di prende' la moto potevi pensa' a masterizzarti... e comunque credo di esserci arrivato in questo preciso istante, secondo me stavi dieci anni indietro rispetto alla tua vita e con quella maledetta moto stavi semplicemente cercando di recuperare il terreno che pensavi fosse perduto ed invece non lo era!

Ciao Ste', passo stasera a casa tua e mi fermo a dormire da te... come tutte le altre volte. Il maledetto tempo imperfetto non sarà mai imperfetto quanto me e le mie parole: ecco perchè in queste righe ho provato in tutti i modi a non utilizzarlo. So che la morte è più forte anche della mia retorica ma di tempo per utilizzare imperfetti e passati remoti ce ne sarà pure troppo. Oggi Stefano c'è, sta solo in ferie!

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