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lunedì 5 dicembre 2011

Grazie, immenso Caputo!

Ho dovuto aspettare 41 anni prima di essere accolto in un aeroporto da un autista col cartello "Migliola". E' successo a Palermo un paio di settimane fa, coronando un sogno che cullavo da bambino. Poco importa che all'aeroporto di Punta Raisi, da qualche tempo tristemente ribattezzato "Falcone e Borsellino" non mi sia venuto a prendere uno chaffeur dotato di scintillante macchina blu ma l'ineffabile Caputo con una Polo bianca.

Caputo è l’autista della struttura per la quale sto lavorando a Palermo e in due settimane ho imparato ad amarlo sopra ogni cosa. Perché Caputo, che in teoria sarebbe stato mandato a prelevare un illustre consulente della comunicazione, mi ha baciato dalla prima volta che mi ha visto e mi dà del tu mentre io sono rimasto a un vetusto “lei”. Pare che al dirigente che è andato a prendere in aeroporto la settimana prima della mia, Caputo abbia chiesto di spingere la Polo in panne e siccome il problema era alla frizione sembra che abbia anche urlato al malcapitato di salire. Ovviamente al volo.
Caputo ogni volta mi prende a Punta Raisi e prima di depositarmi a Monreale, una ventina di chilometri sopra Palermo, mi porta a fare commissioni insieme a lui. “Dottore Migliola, aspettami qui un attimo”, mi dice, prima di mollarmi in sesta fila nella strada principale di Monreale, pendenza media del 34%. Dopo cinque minuti e un paio di minacce di morte subite dal sottoscritto, Caputo generalmente torna con due borse della spesa e l’ultima volta mi ha anche offerto metà della banana che si stava sbucciando. Una breve sosta alla Posta, una al bar a giocare al Superenalotto e finalmente sono in ufficio.

La guida di Caputo merita un approfondimento: sulla sua macchina le cinture di sicurezza non sono montate, evidentemente ingombravano, e oltre a una discreta disinvoltura peraltro condivisa (se non apprezzata) dal resto dei palermitani va rimarcato la sua predisposizione a suonare il clacson. Caputo strombazza a tutto ciò che si muove e pure a tutto ciò che sta fermo, per par condicio: se passa con l’arancione quasi rosso partono due colpetti per mettere in guardia gli altri a non scattare col verde, se c’è un passaggio a livello chiuso sollecita l’arrivo del treno, se un altro automobilista gli segnala il cambio di direzione mettendo la freccia la strombazzata è d’obbligo, perché c’è aria di presa per il culo.

L’ultima volta che Caputo mi ha portato a Monreale è stato anche protagonista di uno disdicevole incidente: arrivato lungo a uno stop posizionato in salita è dovuto indietreggiare fino ad abbattere un motociclista posizionato dietro di noi. Ho preferito rimanere in macchina mentre i due bisticciavano in palermitano estremo ma mi faceva impazzire il fatto che quello senza casco rimproverasse a Caputo la manovra oggettivamente poco elegante. E che Caputo, che aveva percorso all’indietro almeno cinque metri, chiedesse il rispetto della distanza di sicurezza. Che a detta sua doveva contemplare anche la possibilità che uno mettesse la marcia indietro e accelerasse…
Lite fantastica con in mezzo una quindicina buone di infrazioni al codice della strada equamente ripartite, buona anche per una scena di “Johnny Stecchino”, il capolavoro al quale non ho smesso di pensare per tutto il volo la prima volta che sono sceso a Palermo. E ancora non conoscevo Caputo, che dopo avermi illustrato il monumento dedicato a Giovanni Falcone antistante l’autostrada, mi ha iniziato a descrivere il primo, vero, grande problema che affligge Palemmmmmmo e la sua gente… Il 'ccciaffico… e via un colpo di clacson a uno che aveva acceso le luci di posizione nel tunnel.
Grazie, Caputo. Grazie!

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