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lunedì 5 dicembre 2011

La tribu di Giancamiglio

Lo scorso inverno ho visto per tre volte "Notturno Bus", un noir italiano con Valerio Mastandrea tra i protagonisti. Mi piace tornare a vedere gli spettacoli, le rare volte che mi catturano, perchè in qualche modo li faccio miei e desidero dividerli con le poche persone a cui tengo. E' una sottile forma di autismo, come tenere in memoria tutte le targhe o i numeri di cellulare o saper ripetere una parola al contrario, ma tant'è.

Una sera dissi ad Alessandro Bergonzoni che era la terza volta che vedevo il suo spettacolo, lui mi chiese "Ma lo fai perchè non capisci le battute o per altri motivi?". Genio, come sempre. Ho visto tre volte "Notturno Bus", dicevo prima di andare off topic da solo, perchè la brama di colonizzare i miei amici con i film, le canzoni e i libri che mi piacciono è parte integrante di me, prendere o lasciare.

Quel film non è un capolavoro ma già il fatto che in un film con Mastandrea la colonna sonora fosse di Daniele Silvestri nella mia testa malata valeva tre prezzi del biglietto. Mi piace, quasi mi inorgoglisce quando i miei beniamini collaborano, si scambiano complimenti, vanno a cena insieme: non ne ho tanti, di punti di riferimento, ma mi piace pensare che un filo conduttore li unisca e non solo nella mia immaginazione.

Se Frankie Hi Nrg scrive un pezzo per Alessio Bertallot, se Erykah Badu canta una canzone dei Roots, se Libero De Rienzo si dichiara tifoso della Roma, se Gigi Proietti scrive un sonetto per la morte di Alberto Sordi, se Jovanotti chiama Michael Franti a cantare in "Tutto viene dal basso", se il draghetto Grisu scambia quattro chiacchiere con Dick Dustardly, se Mastandrea e Silvestri vanno allo stadio insieme, se i Jamiroquai e Guru collaborano in Jazzmatazz...

E' importante che i miei punti di riferimento si vogliano bene tra di loro, perché la qualit° dello spogliatoio é unanimemente considerato un valore aggiunto. Tre mesi fa mi sono trovato di fronte Daniele Silvestri a Fiumicino, fuori dalla sua Pluriel verde mentre aspettava qualcuno in doppia fila. Ero stato a un suo concerto una settimana prima, avevo 600 appigli diversi per attaccare bottone e invece sono rimasto dall'altra parte del marciapiede con l'espressione ebete dell'ammiratore tredicenne. Era come speravo che fosse: assonnato, scoglionato, casual, informale, tutto fuorchè una rockstar.

Io resto sulle mie, generalmente: non mi interessa conoscerli, parlarci, strappare un autografo triste, mi interessa poter continuare ad andare al cinema, al teatro, allo stadio o in un negozio di dischi e lì ritrovarli, in splendida forma, a colorare le mie giornate, come fanno da decenni. Se poi vanno d'accordo, escono a mangiare una pizza o lavorano d'amore e d'accordo tanto meglio. Siamo una bella tribu.

Grazie per esserci, la Siae mi é testimone della sincera riconoscenza verso di voi.
Tempo di lettura stimato, ma neanche poi tanto, 4 minuti d'orologio (e de che, sennò?)

Scritto ascoltando "Maybe Tomorrow" degli Stereophonics, non mi stanco mai.

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